IRAP!

Con sentenza n. 15217 del 04 giugno 2019 la Corte di Cassazione ha definitamente chiarito l’obbligo di assoggettamento per le imprese familiari all’IRAP, confermando la precedente sentenza del 07 giugno 2018 n. 14789.

La Corte ha ulteriormente e purtroppo definitivamente chiuso la vicenda, accogliendo nel merito un ricorso per un agente di commercio presentato dall’Agenzia delle Entrate.

Secondo i Giudici la presenza del collaboratore familiare rappresenta un maggior apporto (quid pluris) atto a produrre ulteriore ricchezza rispetto a quella conseguibile dal solo apporto lavorativo del titolare. Il collaboratore viene di fatto equiparato ad un dipendente e per questo motivo l’impresa soggetta ad Irap.  

Il rilancio della moda italiana passa attraverso gli agenti di commercio

50 show-room ricavati all’interno del Lanificio di Torino, un ex stabilimento tessile di inizio ‘900 di quasi 40mila metri quadrati, con  circa 500 marchi rappresentati. È solo un esempio, a Torino, del ruolo fondamentale svolto dagli agenti di commercio per la tenuta e lo sviluppo del comparto moda in Italia. Un ruolo la cui importanza cresce ulteriormente in questa fase di crisi economica, di inflazione ormai a due cifre in numerosi settori.

Perché non bastano le sfilate parigine, milanesi, fiorentine o romane. Riservate a vip e sedicenti vip, con modelle strapagate ed abiti provocatori che nessuno indosserà mai. La realtà, quella che permette di far vivere industrie e negozi, è tutt’altra cosa. È la realtà degli acquisti delle famiglie che cercano di conciliare stipendi “normali” con abiti di qualità.

Diventano dunque determinanti le attività degli agenti di commercio, impegnati a far conoscere capillarmente i marchi rappresentati. Organizzando presentazioni mirate, valorizzando gli show-room, proponendo abbinamenti, mescolando i marchi alla ricerca della soluzione ideale per ciascuno.

Perché la moda non è soltanto rappresentata dalle grandi catene internazionali con prodotti “precotti” e standardizzati. E la sopravvivenza dei negozi tradizionali è legata proprio al mancato adeguamento alla logica delle grandi catene. È legata alla qualità, allo stile, alla capacità di abbinare una giacca di un marchio con pantaloni di un marchio diverso e ad una camicia di un terzo marchio.

Fonte ElectoMagazine – Enrico Toselli

 

Focus: Covid-19 e contratti di agenzia e di distribuzione, interni ed internazionali

Gli effetti della Pandemia di Covid-19 sui contratti di agenzia e di distribuzione commerciale, interni ed internazionali

La Pandemia di COVID-19 è fonte di difficoltà per imprese, lavoratori autonomi e operatori commerciali in genere.

Le restrizioni imposte dalle Autorità Pubbliche ostacolano dove non impediscono il normale svolgimento delle attività produttive e commerciali, al punto da rendere in molti casi arduo per ognuno adempiere alle obbligazioni contrattuali.

Si pensi, ad esempio, all’agente o al distributore vincolati da un target minimo di ordini da procacciare o di acquisti da eseguire e che per evidenti ragioni non possano essere rispettati, o ai medesimi soggetti che abbiano assunto impegni contrattuali per l’utilizzo di showroom o spazi espositivi, o abbiano locato locali per le loro attività, il tutto con costi sproporzionati all’attuale flusso dei loro ricavi. E tanto può valere con controparti contrattuali sia italiane che straniere, con necessità di avvalersi di leggi diverse a seconda del caso.

Le convenzioni internazionali e le leggi europee non regolano sotto questo profilo l’emergenza in atto; ed i contratti attualmente in circolazione raramente disciplinano i casi di forza maggiore o, se lo fanno, raramente contengono clausole sufficientemente dettagliate.

Può quindi essere di interesse disporre di un sintetico quadro dei principi di diritto vigenti al riguardo nelle principali aree geografiche. 

Qui di seguito la veloce ricostruzione di come in Italia, Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, Svezia, Finlandia e Stati Uniti di America il tema della Pandemia è affrontato. E poiché nessuno dei paesi elencati ha una legislazione specifica per gli effetti dell’emergenza sanitaria sui contratti di agenzia e distribuzione commerciale, la ricostruzione che segue attiene ai principi vigenti in ogni singolo ordinamento per i rapporti contrattuali in genere

 

ITALIA

Il Governo Italiano aveva inizialmente fornito una prima risposta con il D.L. 2 marzo 2020 n. 9, disponendo che per i soggetti esercenti attività lavorativa nei Comuni interessati dalla norma (ubicati nelle Regioni Lombardia e Veneto) i termini per gli adempimenti contrattuali fossero sospesi dal 22 febbraio al 31 marzo del corrente anno (cfr. art. 10 D.L. cit.). La norma, tuttavia, non è stata estesa oltre il limitato ambito territoriale (e temporale) per cui era stata concepita.

Per il territorio nazionale il Governo è invece intervenuto con il D.L. 17 marzo 2020  n. 18, (introduttivo del nuovo comma 6 bis all’art. 3 del D.L. 23 febbraio 2020 n. 6) disponendo che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti” (cfr. art. 91 D.L. 18/20 cit.)

Ne deriva che chi fosse impedito ad eseguire la sua prestazione contrattuale a causa dell’esigenza di rispettare “le misure di contenimento” disposte dall’Autorità Pubblica potrà addurre tale esigenza alla stregua di un fatto a lui non imputabile che abbia reso la sua prestazione impossibile (art. 1218 c.c.).

La tutela è tuttavia parziale. In primo luogo, perché l’esenzione da responsabilità non opera in via automatica ma impone di volta in volta una valutazione in merito al rapporto causa / effetto tra l’avvenuto rispetto della misura di contenimento ed il tipo di inadempimento. In secondo luogo, perché esime bensì l’inadempiente da responsabilità (obbligo di risarcimento del danno – artt. 1218 e 1223 c.c.), ma non elimina né l’obbligo né l’inadempimento in se’ lasciando quindi esposto l’inadempiente alla domanda di adempimento o al rischio di risoluzione del contratto. Infine, perché presuppone che l’inadempimento dipenda dall’esigenza di rispettare le misure di contenimento (tra l’altro, nemmeno adeguatamente individuate) e non considera, invece, le ipotesi (verosimilmente più numerose) in cui l’inadempimento sia una conseguenza della più ampia situazione di emergenza a livello mondiale (si pensi, ad esempio, all’attività il cui esercizio non sia vietato dalla legge, ma che, a causa di difficoltà di approvvigionamento o di carenza di liquidità non riesca ad adempiere).

Occorre dunque rifarsi ai principi generali, per i rapporti commerciali che ad esso siano sottoposti; ed in particolare, agli articoli 1256 e 1467 c.c. contenenti le regole per i casi in cui le obbligazioni contrattuali siano divenute impossibili o eccessivamente onerose da adempiere.

L’art. 1256 c.c. dispone l’estinzione delle obbligazioni la cui prestazione non possa essere eseguita per impossibilità definitiva e l’esclusione della responsabilità del debitore per il ritardo nell’esecuzione di quelle prestazioni momentaneamente non eseguibili per impossibilità temporanea. L’impossibilità (definitiva o anche solo temporanea) della prestazione deve tuttavia essere causata da un evento imprevedibile che agisca di forza propria ed esuli dalla sfera di controllo del debitore.

L’art. 1467 c.c., invece, opera in una fase prodromica all’eventuale adempimento contrattuale e si applica solo ai contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita attribuendo, alla parte del contratto la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa (a causa di avvenimenti straordinari e imprevedibili), il potere di domandare la risoluzione del contratto, se i relativi termini non vengono rinegoziati equamente.

La Pandemia da COVID-19 rappresenta sicuramente un evento naturale imprevedibile ed incontrollabile per i singoli, ma perché possano invocarsi le tutele degli artt. 1256 e 1467 c.c. occorre che essa o, più in generale, i relativi risvolti in ambito legale ed economico, abbiano avuto efficacia causale sull’inadempimento o sull’eccessiva onerosità di un eventuale adempimento.

Si sottolinea, infine, che il Ministero dello Sviluppo Economico, per aiutare i soggetti in crisi a dimostrare la sussistenza di un evento di Forza Maggiore per poter invocare le relative clausole contrattuali, ha già dato istruzioni alle Camere di Commercio presenti sul territorio nazionale, di rilasciare, su richiesta delle imprese interessate, una dichiarazione che attesti che l’impresa medesima non ha potuto assolvere nei tempi agli obblighi contrattuali precedentemente assunti per motivi imprevedibili e indipendenti dalla volontà e capacità aziendale.

 

GERMANIA

Per affrontare la Pandemia di COVID-19, il 27 marzo 2020 la Germania ha approvato la “Legge sulla mitigazione delle conseguenze della Pandemia di COVID-19 nel diritto civile, fallimentare e processuale penale“. 

La nuova normativa prevista dal Governo tedesco, per quanto qui interessa, ha introdotto un nuovo e provvisorio articolo, l’art. 240 § 1 dell’EGBGB, che concede a consumatori e piccole imprese di sospendere l’esecuzione dei contratti a tempo indeterminato le cui prestazioni siano necessarie per la prosecuzione dell’attività commerciale (e.g.  assicurazioni obbligatorie, forniture di elettricità e gas o i servizi di telecomunicazione).

Per quanto riguarda le altre fattispecie contrattuali, il Governo tedesco non ha ancora preso provvedimenti che stabiliscano la sorte delle obbligazioni le cui prestazioni non possano essere eseguite a causa degli effetti derivanti dalle restrizioni imposte per combattere la Pandemia.

Ne consegue che, in assenza di una normativa specifica, si debba fare riferimento ai principi di diritto contrattuale vigenti in Germania, dove non c’è una specifica codificazione del concetto di Forza Maggiore

Se in un contratto non è presente una clausola di Forza Maggiore, o se  la stessa non è abbastanza specifica da elencare quali eventi possano costituire un evento di Forza Maggiore, per comprendere quali siano gli strumenti legali per fronteggiare le inevitabili conseguenze derivanti dalla Pandemia, è necessario richiamare i principi dell’ Impossibilità (art. § 275 del Codice Civile tedesco) e della Frustrazione del contratto(art. § 313 del Codice Civile tedesco).

L’art. 275 del Codice Civile tedesco esclude il diritto per il creditore di chiedere l’esecuzione in forma specifica di un’obbligazione contrattuale, se l’esecuzione della prestazione sia diventata  impossibile. Il debitore può anche rifiutare l’adempimento, se gli sforzi richiesti per l’esecuzione sono oggettivamente eccessivi e sarà libero da ogni responsabilità se dimostra che l’impossibilità ad adempiere non dipende da una causa a lui imputabile. Tale principio, come in Italia, vale anche per le impossibilità c.d. temporanee. 

Se il debitore non è tenuto ad adempiere a causa della situazione di impossibilità, così al creditore che subisce l’inadempimento è concesso il diritto di recedere dal contratto senza preavviso (art § 326 (5) BGB). 

Infine, l’Ordinamento tedesco prevede all’art. 313 del Codice Civile tedesco, l’istituto della “Frustrazione del contratto”, in base al quale, se si verifica un evento tale da cambiare in modo sostanziale l’equilibrio fondamentale del contratto, la parte aggravata può dar luogo a una richiesta di rinegoziazione del contratto. Tuttavia, tale principio opera solo  può avvenire solo se l’esecuzione del contratto, come originariamente concordata, sia diventata irragionevole per una delle parti contrattuali. Nel caso in cui, però, la rinegoziazione sia impossibile o irragionevole, il contratto può essere risolto su istanza di una delle due parti.

 

FRANCIA

Il 28 febbraio 2020 il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Bruno Le Maire, ha dichiarato che il coronavirus (COVID -19) sarà “considerato come una causa di Forza Maggiore per le imprese“. Tuttavia, non esiste ancora alcuna previsione normativa di tale portata.

Il Codice Civile francese del 1804 non definiva il concetto di Forza Maggiore, che è stato dunque descritto solo in via giurisprudenziale, come la combinazione di tre elementi: imprevedibilità, irresistibilità e la non imputabilità alla parte che se ne vuole avvalere.

Con la Legge di riforma del diritto contrattuale del 10 febbraio 2016, la nozione di Forza Maggiore ha fatto il suo ingresso nel Codice Civile con il nuovo articolo 1218:

Si ha Forza Maggiore in materia contrattuale quando un evento fuori dal controllo del debitore, che non poteva ragionevolmente essere previsto al momento della conclusione del contratto e i cui effetti non possono essere evitati con misure adeguate, impedisce l’adempimento dell’obbligazione da parte del debitore. Se l’impedimento è temporaneo, l’adempimento dell’obbligo è sospeso, a meno che il ritardo che ne deriva non giustifichi la risoluzione del contratto. Se l’impedimento è permanente, il contratto si risolve per effetto di legge e le parti sono liberate dalle loro obbligazioni alle condizioni previste dagli articoli 1351 e 1351-1. “

La norma in commento, perché si possa parlare di Forza Maggiore, richiede un evento:

– “che non poteva essere ragionevolmente previsto al momento della conclusione del contratto” imprevedibilità

– “i cui effetti non possono essere evitati con misure appropriate” irresistibilità

– “che impedisce l’adempimento dell’obbligazione del debitore” non imputabilità al debitore.

Inoltre, l’evento di Forza Maggiore deve impedire temporaneamente o definitivamente al debitore l’esecuzione della sua prestazione. 

Le conseguenze della Forza Maggiore sui contratti dipendono caso per caso:

– Se l’impedimento è temporaneo, la prestazione viene sospesa e la sua esecuzione inizierà il prima possibile. Il contratto è sospeso;

– Se l’impedimento è definitivo, il contratto viene risolto

Quanto fin ora analizzato è la linea imposta dalla legge, ma le parti di un contratto possono prevedere clausole in deroga a tali principi, o escludendo l’operatività della Forza Maggiore dal contratto o prevedendo un elenco limitativo di casi in cui sia possibile invocarla.

 

SPAGNA

Per gestire gli effetti della Pandemia di COVID-19, il Governo spagnolo ha emanato il Provvedimento Aggiuntivo n. 4 del Regio Decreto 463/2020 (BOE 14 marzo 2020), con cui ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza di ogni azione e diritto. La disposizione in commento (che non ha peraltro il grado di legge e deve essere confermata dal Parlamento) non ha inciso sui termini per gli adempimenti contrattuali.

In mancanza di una regolamentazione specifica sugli inadempimenti contrattuali, per affrontare i problemi che derivano dalla Pandemia e dallo stato di emergenza si deve fare riferimento ai seguenti principi della legge spagnola

Anche se non è menzionata espressamente, l’art. 1.105 del Codice Civile spagnolo è considerato riferirsi alla nozione di Forza Maggiore: “Al di fuori dei casi espressamente menzionati nella legge, e di quelli in cui l’obbligazione lo dichiara espressamente, nessuno risponderà per quegli eventi che non si sarebbero potuti prevedere, o che, previsti, erano inevitabili“.

Sia Giurisprudenza che Dottrina spagnole hanno definito la Forza Maggiore come un evento straordinario che si verifica al di fuori del controllo del debitore, imprevedibile, e che non sarebbe stato possibile evitare anche con la massima diligenza, che determina l’impossibilità di adempiere alla prestazione convenuta. La Corte Suprema spagnola ha stabilito i seguenti requisiti in materia di Forza Maggiore: deve trattarsi di un evento imprevedibile e inevitabile o irresistibile.

Pertanto, se l’inadempimento del debitore rientra nell’ambito di applicazione del principio di Forza Maggiore, il debitore non è responsabile (art. 1.105 C.C.): “Al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, e di quelli in cui l’obbligazione così dichiari” e l’obbligazione relativa si estingue per l’impossibilità di adempiere all’obbligazione (art. 1.184 c.c.).

La giurisprudenza della Corte Suprema chiarisce infine che per l’applicazione della Forza Maggiore deve sussistere una circostanza: “totalmente imprevedibile al momento della stipula del contratto e che da sola impedisce la prestazione“.

 

OLANDA

Non ci sono leggi specifiche nei Paesi Bassi che disciplinino la sorte delle obbligazioni contrattuali che non sono eseguibili a causa degli effetti delle restrizioni imposte per affrontare la Pandemia di COVID-19

Pertanto, al fine di disciplinare le eventuali controversie derivanti, direttamente o indirettamente, dalla Pandemia COVID-19, si rimanda ai relativi articoli del Codice Civile olandese, come segue:

 Art. 6:74 Requisiti per il risarcimento dei danni

  1. Ogni imperfezione nell’adempimento di un’obbligazione è un inadempimento del debitore e lo rende responsabile del danno che ne deriva per il creditore, a meno che l’inadempimento non sia imputabile al debitore.

Art. 6:75 Giustificazione legale dell’inadempimento (Forza Maggiore)

  1. Un inadempimento non può essere attribuito al debitore se egli non ne è responsabile in virtù della legge, di un atto giuridico o di principi generalmente accettati (opinione comune).

Secondo il diritto contrattuale olandese, la regola generale è che il debitore è responsabile di tutti i danni derivanti dal suo inadempimento, a meno che la violazione non possa essere a lui imputabile (art. 6:74 del Codice Civile olandese). La Forza Maggiore esime il debitore dall’obbligo di eseguire in forma specifica la prestazione e dall’obbligo di risarcire i danni derivanti dall’inadempimento, ma non elimina per l’altra parte il diritto di risolvere il contratto o di sospendere la propria prestazione. 

Infatti, regola generale del diritto contrattuale olandese è che qualsiasi inadempimento, conferisce all’altra parte il potere di risolvere il contratto e non è richiesto che l’inadempimento sia imputabile al debitore

Le misure adottate dal Governo olandese per affrontare l’ulteriore diffusione della Pandemia COVID-19 potrebbero costituire un’impossibilità all’adempimento dei contratti, ma dipende dai fatti e dalle circostanze specifiche di ogni caso. Spetta al debitore provare l’impatto delle misure restrittive sulla sua attività e sulle possibilità di adempiere alle proprie obbligazioni.

Oltre all’istituto della Forza Maggiore, è anche possibile fare riferimento all’articolo 6:258 del Codice Civile olandese:

L’articolo 6:258 del Codice Civile olandese: Circostanze impreviste

  1. In caso di ricorso di una delle parti di un contratto, il tribunale può modificare gli effetti giuridici di tale contratto o può risolverlo in tutto o in parte se vi sono circostanze impreviste di natura tale che la parte avversa, secondo standard di ragionevolezza ed equità, non può aspettarsi una continuazione invariata del contratto. Il tribunale può modificare o risolvere il contratto con effetto retroattivo.
  2. Il tribunale non può modificare o risolvere il contratto nella misura in cui le circostanze impreviste, in considerazione della natura dell’accordo o dell’opinione comune, debbano essere sopportate dalla parte che si cerca di far valere tali circostanze.
  3. Ai fini del presente articolo, una persona alla quale è passato un diritto o un obbligo derivante dal contratto è equiparata a una parte originaria del contratto.

In base al diritto olandese è possibile eccepire la sussistenza di circostanze impreviste solo se tali circostanze, cui rischio non deve essere stato contrattualmente previsto a carico di una parte, sono di natura tale che l’altra parte non può ragionevolmente aspettarsi l’adempimento delle obbligazioni del debitore.

 

SVEZIA

Il Parlamento svedese, contrariamente ad altri paesi europei, non ha emanato alcuna legge o regolamento specifico in materia di obblighi contrattuali e di Pandemia COVID-19. In Svezia, inoltre, l’istituto della Forza Maggiore non è disciplinato dalla legge.

Se un contratto prevede una clausola di Forza Maggiore, la configurabilità di un evento di Forza Maggiore dipende esclusivamente dalla formulazione letterale della clausola e dall’intenzione delle parti nel redigerla.

Di conseguenza, non è possibile stabilire a priori se le gli inadempimenti contrattuali derivanti dagli effetti della Pandemia di COVID 19 saranno fonte di responsabilità per il debitore o meno.

Se nel contratto non è presente alcuna clausola di Forza Maggiore, c’è un principio dell’Ordinamento svedese sulla vendita di beni mobili che potrebbe essere applicato per analogia. Secondo questo principio, il debitore non è responsabile per l’inadempimento se esso è causato da eventi imprevedibili al di fuori del suo controllo. La Dottrina svedese ha discusso per molti anni sull’applicazione per analogia di tale principio ed è incerto se questo tipo di argomentazione possa avere successo nei tribunali svedesi. 

Un’ulteriore alternativa offerta dalla legge svedese, è quella di rinegoziare i termini contrattuali quando gli stessi, a causa di un evento imprevedibile, diventino irragionevoli. Tale possibilità è concessa dalla legge sui contratti, ma è stata raramente applicata e, dunque, è incerto al momento sapere se i tribunali svedesi prenderanno in considerazioni tale principio.

 

FINLANDIA

Anche Finlandia l’istituto della Forza Maggiore non è disciplinato dalla legge, ma può essere applicato ai rapporti di agenzia per analogia con la legge sulla vendita di beni (art. 57):

Il venditore ha diritto al risarcimento dei danni per le perdite che subisce a causa del ritardo nel pagamento del compratore, a meno che il compratore non dimostri che il ritardo è dovuto a una disposizione di legge, all’interruzione generale delle comunicazioni o dei servizi di pagamento o ad altri impedimenti simili di cui non ci si poteva ragionevolmente aspettare che il compratore ne avesse tenuto conto al momento della conclusione del contratto e le cui conseguenze non avrebbe potuto ragionevolmente evitare o superare“.

Il principio qui descritto potrebbe essere invocato dal venditore anche nel caso di Pandemia di COVID-19. Tuttavia, poiché non esiste quasi nessuna giurisprudenza in materia, è difficile prevedere l’esito di tale eccezione da parte dei debitori inadempienti. I tribunali norvegesi decideranno caso per caso se sarà possibile invocare la tutela prevista dall’articolo 57.

 

INGHILTERRA

Come negli Stati Uniti, la legge inglese non conosce l’istituto della Forza Maggiore, che esula dai principi di Common Law. La regola generale del diritto inglese è che quando una parte è inadempiente alle sue obbligazioni, ne consegue la sua responsabilità nei confronti dell’altra parte. Al fine di alleviare eventuali responsabilità, il debitore inadempiente dovrebbe considerare se può fare affidamento su una clausola di Forza Maggiore o sulla dottrina della frustration.

Nessun decreto o legge inglese ha dichiarato espressamente la Pandemia di COVID-19 un evento di Forza Maggiore. Pertanto, la configurabilità della Pandemia come evento di Forza Maggiore dipende dall’eventuale redazione di una clausola di Forza Maggiore nel contratto del cui inadempimento si tratta.

In generale, se la clausola è formulata in modo ampio, è possibile che la Pandemia COVID-19 possa rientrare nel suo campo di applicazione. Alcune clausole possono fare esplicito riferimento a “pandemie” o “epidemie”, il che aumenterebbe la probabilità che la Pandemia COVID-19 possa essere considerata come un evento di Forza Maggiore. 

In ogni caso, la configurabilità di un evento di Forza Maggiore non esclude automaticamente la responsabilità per il debitore inadempiente. L’agente inadempiente deve verificare le disposizioni della relativa clausola in quanto possono sussistere una serie di formalità che una parte deve soddisfare per poter invocare l’operatività di una clausola di Forza Maggiore. Esempi comuni di condizioni di forma includono l’obbligo di notificare all’altra parte l’evento di Forza Maggiore (di solito entro un determinato periodo di tempo), nonché l’obbligo di adottare misure per prevenire/mitigare gli effetti derivanti dall’evento di Forza Maggiore. 

La clausola di Forza Maggiore è a tutti gli effetti una clausola di esclusione della responsabilità e pertanto deve rispettare l’Unfair Contract Terms Act del 1977 (“UCTA”). Qualsiasi clausola di Forza Maggiore che sia redatta in modo eccessivamente favorevole per una parte o che sia particolarmente onerosa nei confronti di una parte potrebbe essere dichiarata nulla.

Se un contratto non include una clausola di Forza Maggiore, lo stesso può comunque essere risolto in base alla dottrina della FrustrationSi può parlare di “frustrazione” quando si verifica un evento dopo la formazione del contratto, che ne renda impossibile l’esecuzione, poiché viene radicalmente trasformata l’obbligazione oggetto del contratto. Se un contratto è stato “frustrato”, viene automaticamente risolto e le parti sono esonerate dai loro obblighi futuri

I tribunali in Inghilterra e nel Galles non offriranno in modo proattivo una guida generale sulla posizione che probabilmente assumeranno sulle questioni COVID-19. Piuttosto, analizzeranno sempre i casi nel merito facendo riferimento ai fatti e alle questioni specifiche di volta in volta rilevanti, anche sulla base delle leggi, dei principi giuridici stabiliti e della giurisprudenza di casi simili precedenti.

In generale, i tribunali inglesi hanno sempre cercato di far sì che le parti contraenti si attengano esattamente a quanto concordato e di non sottintendere una tutela per questioni che le parti semplicemente non hanno previsto e/o su cui le parti si sono orientate, anche se ciò si traduce in esiti apparentemente iniqui o ingiusti.

 

USA

Le clausole contrattuali di Forza Maggiore sono solitamente formulate con la funzione di esonerare le parti, al verificarsi di determinati eventi, dalle responsabilità derivanti dalla mancata esecuzione di un contratto. Poiché tali clausole sono oggetto di negoziazione, anche se molte sono “boiler plate” (cioè standard e usuali), la maggior parte sono o molto generiche o enumerano una serie di ipotesi da considerarsi quali eventi di Forza Maggiore, ma è difficile che molti abbiano anticipato l’entità dell’attuale Pandemia. 

Alcune clausole possono includere una lista di eventi specifici descritti come non prevedibili e al di fuori del controllo delle parti contraenti, e ci si può ragionevolmente aspettare che un evento sanitario globale come la PandemiaPandemia di COVID-19 sia considerato un evento di Forza Maggiore ai sensi di tali clausole.  

Tuttavia, se non esiste una clausola di questo tipo o comunque con un linguaggio che menzioni come cause di Forza Maggiore, emergenze nazionali, leggi o provvedimenti dell’autorità pubblica o simili che rendano il contratto impossibile da eseguire, non è possibile prevedere come saranno considerati gli effetti derivanti dalla PandemiaPandemia di COVID-19. Tali clausole contrattuali saranno sempre soggette all’interpretazione dei tribunali, a meno che il loro linguaggio non sia così specifico da escludere o includere la presente situazione emergenziale tra gli eventi di Forza Maggiore.

In ogni caso, possono esistere statuti o regolamenti specifici in ciascuno dei 50 stati che regolamentano ciò che in base al loro ordinamento può essere considerato quale evento di Forza Maggiore, ma sarebbe necessario conoscere lo stato in cui si chiede l’esecuzione di tale clausola per determinare la legge applicabile. 

 

DIRITTO INTERNAZIONALE

È già stato sottolineato che non esistono regolamenti europei o convenzioni internazionali che disciplinino tali questioni per quanto riguarda i contratti di agenzia e di distribuzione.

Per i distributori, un supporto può essere fornito dalla Convenzione di Vienna del 1980 e dai principi UNIDROIT, che tuttavia non si applicano all’intero rapporto nel suo insieme ma solo ai singoli acquisti del distributore o ad eventuali sue vendite successive (a meno che la loro applicabilità non sia stata esplicitamente esclusa).

Si pensi, ad esempio, al distributore che ha già venduto merci che il committente si è impegnato a consegnargli, ma che non sono ancora arrivate a causa delle restrizioni imposte dalla Pandemia.

La Convenzione di Vienna del 1980 sui contratti di vendita internazionale di merci (CISG) contiene una disposizione (art. 79) secondo la quale l’inadempimento di un obbligo contrattuale non è fonte di responsabilità se causato da un impedimento (Forza Maggiore) al di fuori del controllo del debitore, che non era prevedibile al momento della firma del contratto. 

Più in generale, i principi del commercio internazionale (UNIDROIT) prevedono (art. 6.2.2.) che se un evento imprevedibile e incontrollabile altera l’equilibrio fondamentale del contratto (sia riducendo il valore della prestazione sia aumentandone il costo), la parte svantaggiata ha il diritto di chiedere alla controparte di rinegoziare i termini del contratto e, in alternativa, di chiedere la risoluzione del contratto.

Luca Tabellini (Studio Tabellini) – Carlo Tabellini (IUCAB LWG)

Che fine hanno fatto gli Accordi Economici Collettivi (AA.EE.CC.) degli agenti di commercio ?

Che fine hanno fatto gli accordi economici collettivi, AA.EE.CC.? Eppure rappresentano quel complesso di regole e norme che disciplinano l’attività dell’agente di commercio, le indennità di fine rapporto, e le relazioni comportamentali con le case mandanti.

 “L’A.E.C. del settore commercio – spiega Giovanni Di Pietro, presidente Usarci – è fermo al palo, è ormai scaduto da oltre 10 anni nonostante i grandi cambiamenti della distribuzione, dall’incremento sempre maggiore dell’e-commerce, dal rapporto sempre più conflittuale tra agenti e case mandanti”. “Nonostante tutto ciò – prosegue –  sono ancora in vigore condizioni aberranti per la categoria. Basti pensare alla facoltà per le case mandanti di poter variare insindacabilmente, e senza alcuna giustificazione, il contenuto economico del contratto, riducendo fino al 20% le provvigioni che l’agente avrebbe percepito nell’anno precedente e senza che il lavoratore possa eccepire alcunché”.

Ma è accettabile una situazione di questo tipo?
“Questa è una condizione illogica, irrazionale, inconcepibile, che viene molto spesso usata come condizione per far si che l’agente sia costretto a risolvere volontariamente il contratto perdendo così tutte le indennità ad eccezione del Firr, con la speranza che sia stato versato all’Enasarco”.

Una anomalia assurda “Non esiste – assicura Di Pietro –  nessuna altra tipologia di lavoratori che sia sottoposta ad un simile balzello senza che l’agente possa eccepire e rivendicare alcunché.
Tutto ciò accade all’agente di Commercio che rappresenta aziende non produttrici, aziende che commercializzano i loro prodotti.
Ciò è una vera e propria oscenità, nessuno potrebbe arrogarsi il diritto di modificare unilateralmente un contratto di lavoro”.
Si potrebbe però obiettare che  l’agente non è un salariato, non è un lavoratore dipendente, ma un lavoratore autonomo.

“Tutto giusto, ma come classifichereste un lavoratore che troppo spesso si trova in una condizione peggiore di un dipendente, ed a cui viene imposto il monomandato anche se il contratto prevede il plurimandato, che è costretto a rapportini giornalieri, cosa peraltro vietata dalle norme, ad effettuare visite preordinate, a servirsi di un CRM, programma gestionale fornito dall’azienda, che lo controlla passo dopo passo, oltre ad imporre condizioni economiche che non consentono di percepire somme che superino le 30 mila euro lordi l’anno, somma che detratte spese e tasse non raggiungono le 10 mila euro nette? Tutto ciò ha un solo nome: sfruttamento”.
E’ pur vero che anche l’AEC del settore industriale è ormai scaduto da cinque anni, e non vi è alcun sentore circa l’inizio delle trattative per il rinnovo,  “ma almeno questo limita la variazione insindacabile al 5% del valore delle provvigioni, anche se questa percentuale è tutt’altro che insignificante”.

Ma di fronte agli accordi scaduti non succede nulla?
“Negli ultimi due anni vi sono stati solo incontri intersindacali tra le associazioni di sola parte agente, nessun approccio con le controparti, e tutto ciò è stato giustificato delle note vicissitudini Enasarco, traversie che meriterebbero un libro a parte, ma ora che sembrerebbe ahimè tutto definito all’interno della fondazione, cosa si attende? Qual è oggi la motivazione che ostacolerebbe la ripresa delle trattative?”.

Non c’è una mobilitazione di tutti i sindacati?
“Non di tutti. Ma è ammissibile che alcuni sindacati o associazioni di categoria si professino difensori degli agenti mentre tacciono su tali argomenti, non profferiscono parola per la ripresa delle trattative? Qual è il loro timore? Dov’è finita la tutela della categoria da parte di queste associazioni?”.

Fonte ElectoMagazine – Autore Enrico Toselli

Focus: diritto dell’agente alle provvigioni sugli affari stornati a causa della pandemia di Covid-19

Le restrizioni alla libera circolazione di merci e persone imposte dal Governo, per contrastare il diffondersi della Pandemia di Covid-19, non solo hanno già impedito a molti agenti di commercio di promuovere contratti per conto dei loro preponenti, ma rischiano (se non lo hanno già fatto) anche di mettere in pericolo l’esecuzione di quei contratti che gli stessi agenti avevano promosso prima che l’epidemia di Covid-19 arrivasse in Italia.

Con il presente elaborato si intende fornire una riflessione sul diritto dell’agente commerciale alla provvigione per gli affari conclusi dalla preponente, ma stornati a causa della Pandemia di Covid-19.

È noto che il diritto alla provvigione, salvo deroga espressa entro determinati limiti, sorge con la conclusione del contratto e matura dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione convenuta nel contratto, ma ci sono casi in cui, a determinate condizioni, l’agente ha comunque diritto a ricevere la provvigione anche sugli affari non eseguiti.

Il diritto dell’agente alla provvigione per gli affari rimasti ineseguiti è disciplinato dall’art. 1748 c.c., dalla Direttiva CEE n. 86/653 e dagli Accordi Economici Collettivi.

L’art. 1748 c.c., per quanto qui d’interesse, al V comma, prevede il diritto dell’agente di ricevere una provvigione ridotta nella misura determinata dagli usi, o, in mancanza, secondo equità, qualora il preponente e il terzo si accordino per non dare esecuzione, in tutto o in parte al contratto, e, al VI comma, che l’agente non è tenuto a restituire le provvigioni riscosse se il contratto tra preponente e terzo è rimasto ineseguito, salvo che tanto sia dipeso da cause non imputabili al preponente.

L’Accordo Economico Collettivo del 20 giugno 1956 per il settore industriale e gli enti cooperativi (avente efficacia erga omnes) dispone che se il contratto viene stornato l’agente ha diritto al 50 per cento delle provvigioni che gli sarebbero spettate nel caso di esecuzione del contratto stesso, salvo patto in contrario che, in ogni caso, non potrà ridurre detta misura ad un limite inferiore al 30 per cento delle  provvigioni stesse e salvo che lo storno sia determinato da forza maggiore e altri gravi cause non imputabili al preponente.

La Direttiva CEE n. 86/653 e gli altri Accordi Economici Collettivi, infine, ribadiscono il principio secondo cui l’agente ha diritto alla provvigione anche per gli affari che non hanno avuto esecuzione per causa imputabile al preponente. 

Quindi, qualora un affare promosso da un agente ed accettato dal preponente rimanga in tutto o in parte ineseguito, il diritto dell’agente alla provvigione rimane impregiudicato se e nella misura in cui la mancata esecuzione del contratto dipende da una causa imputabile al preponente; laddove, se il preponente ed il terzo si sono accordati per non eseguire il contratto il medesimo diritto matura, ma bensì in misura ridotta.

Nella prima ipotesi è determinante la nozione di “causa imputabile al preponente”, il cui significato non è definito in alcuno strumento legislativo e che la giurisprudenza non circoscrive alle sole cause giuridiche che hanno determinato l’estinzione del contratto, ma estende a tutte le circostanze di fatto e di diritto, riconducibili alla sfera giuridica del preponente, all’origine della mancata esecuzione del contratto.

Traslando questi concetti sul piano dell’onere della prova in un eventuale giudizio, l’agente che agisca per la condanna del preponente al pagamento di provvigioni su affari conclusi ma  rimasti ineseguiti (o che nel medesimo caso sia convenuto per la restituzione delle provvigioni riscosse) ha, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di provare l’elemento costitutivo del proprio diritto e, quindi, la riconducibilità a titolo di colpa (o dolo) al preponente della mancata esecuzione del contratto.

Le circostanze di fatto che caso per caso hanno portato alla mancata esecuzione del contratto divengono dunque determinanti per valutare il diritto dell’agente alle provvigioni e se la condotta del preponente sia stata coerente con gli obblighi, anche di cooperazione e buona fede, costituti a suo carico.

Nella seconda ipotesi (affari rimasti ineseguiti per accordo tra le parti) l’agente ha diritto a ricevere una provvigione ridotta sulla parte rimasta ineseguita, da calcolarsi secondo gli usi o secondo equità dal giudice, ai sensi del V comma dell’art. 1748 c.c. 

In proposito, l’art. 1748 c.c. non rimanda più alle norme corporative per il calcolo della provvigione ridotta (come era prima della riforma del 1999) e, quindi, il riferimento agli “usi” non può essere esteso a tal punto da includere anche le disposizioni contenute negli Accordi Economici Collettivi di volta in volta applicabili. La liquidazione della provvigione deve, quindi, avvenire secondo gli usi di volta in volta vigenti nelle categorie di riferimento e, in mancanza, con valutazione equitativa ad opera del giudice adito.

Per quanto riguarda, infine, il diritto alla provvigione di cui all’ Accordo Economico Collettivo del 20 giugno 1956 menzionato in precedenza, all’art. 5 è previsto in caso di storno un diritto dell’agente al 50%[1] delle provvigioni che gli sarebbero spettate in caso di esecuzione del contratto, a titolo di rimborso spese, se lo storno non è determinato da forza maggiore o da altre cause non imputabili al preponente.

Premesse le medesime considerazioni avanzate in precedenza sulla imputabilità al preponente e la rilevanza dell’elemento soggettivo in relazione alla mancata esecuzione del contratto, è opportuno sottolineare che la Forza Maggiore non ha una definizione legislativa, ma viene descritta dalla giurisprudenza come quell’evento imprevedibile e straordinario che esula dalla sfera di controllo del debitore (preponente) e che si inserisce tra la condotta del debitore medesimo e l’evento, in modo tale da escluderne il rapporto causale. In altre parole, per forza maggiore si intende quel fatto, straordinario, imprevedibile ed incontrollabile, che sia da solo sufficiente a causare un evento; nel caso in analisi, la mancata esecuzione del contratto. 

Il diritto al rimborso spese pari al 50% della provvigione per i contratti stornati è considerato un rimedio residuale, applicabile solo quando lo storno non dipenda da forza maggiore o altra causa imputabile al preponente e quando non si versi nell’ipotesi previste dall’art. 1748 c.c. V e VI comma. La disciplina dell’art. 5 dell’Accordo Economico Collettivo del 20 giugno 1956 prevede un regime dell’onere probatorio diverso da quello relativo alle fattispecie di cui all’art. 1748 c.c., in base al quale spetta al preponente fornire la prova della ricorrenza di situazioni di esonero del debito quali forza maggiore o atre cause a lui non imputabili.

Tale essendo il quadro normativo, in caso di affari stornati (vale a dire, rimasti semplicemente ineseguiti o consensualmente risolti) a causa della Pandemia la valutazione in merito al diritto dell’agente alle provvigioni varia a seconda delle caratteristiche del caso concreto e, in particolare, dell’incidenza che l’emergenza sanitaria e/o le restrizioni imposte dal Governo hanno avuto sull’organizzazione imprenditoriale del preponente e sull’obbiettiva possibilità di adempimento alle prestazioni contrattuali.

Non è possibile definire aprioristicamente in quali casi la mancata esecuzione del contratto o il suo storno potranno essere imputati al preponente. E’ un dato però che il preponente non è senz’altro esonerato dall’obbligo di pagare la provvigione (in misura piena o ridotta) per il solo fatto in sé della mancata esecuzione del contratto nel contesto emergenziale in atto; ed è, invece, necessario indagare sull’influenza che le misure restrittive imposte dal Governo o, più in generale, il diffondersi della Pandemia di Covid-19, abbiano avuto sulle prestazioni cui il preponente era tenuto nei confronti del terzo, se, cioè, esse siano state da sole sufficienti a determinare la mancata esecuzione del contratto.

In conclusione, applicando questi concetti alle ipotesi di contrati stornati o rimasti ineseguiti a causa della Pandemia di Covid-19, se ne desume l’esigenza di ricostruire caso per caso, anche a mezzo di presunzioni, le circostanze all’origine dello storno o della mancata esecuzione del contratto per appurare se ed in che misura esse dipendano da scelte discrezionali del preponente, da sue valutazioni unilaterali di convenienza, da sue negligenze o, invece, dall’esigenza di rispettare le misure restrittive imposte dal Governo o dall’impossibilità di eseguire le prestazioni contrattuali a causa di impedimenti imprevisti e insormontabili.

 

Luca Tabellini (Studio Tabellini) – Carlo Tabellini (IUCAB LWG)


[1] Percentuale derogabile su accordo delle parti, ma non oltre al 30%;

Ristè: la formazione è un valore aggiunto indispensabile per gli agenti di commerci

La formazione professionale è utile sempre. Per gli agenti di commercio è fondamentale. Un valore aggiunto indispensabile. “In passato – spiega Mauro Ristè, vicepresidente vicario Usarci – era diverso perché c’erano molte più aziende ed il numero degli agenti era insufficiente per accontentare tutti. Così si passava sopra eventuali carenze. Oggi non è più così. E non soltanto per l’introduzione delle nuove tecnologie. Ma anche perché i grandi gruppi hanno acquisito ed inglobato decine di aziende. Riducendo drasticamente i mandati”.

Dunque la concorrenza è cresciuta e diventano indispensabili maggiori competenze, da aggiornare continuamente attraverso la formazione. Che – ricorda Ristè – è obbligatoria solo per i corsi di abilitazione. Dopodiché gli agenti di commercio preferiscono correre in lungo e in largo per lavoro, ma difficilmente trovano il tempo per gli aggiornamenti, per la formazione, per la crescita professionale ed individuale.

L’Usarci – prosegue il vicepresidente vicario – ha stipulato accordi con Pegaso e Mercatorum per offrire, a tariffe convenzionate e dunque ridotte, dei corsi di laurea triennale in materie economiche legate alla vendita. E che vanno ad aggiungersi ai corsi già previsti da Enasarco. Però è sempre tutto su base strettamente volontaria e si è notato che gli agenti faticano a seguire corsi di lunga durata, compresi quelli limitati a 6/7 mesi.

“Allora, per venire incontro alle esigenze degli agenti – aggiunge Ristè – abbiamo organizzato corsi da 1 a 3 giorni su temi specifici. A volte anche limitati ad un paio di ore. E ci sono stati riscontri positivi sulle lezioni a proposito della privacy mentre ora ne stiamo preparando uno sulla cyber security”.

L’impegno del sindacato si scontra, però, con l’immancabile lentezza della burocrazia e della politica. Durante le chiusure per Covid, i corsi sono stati svolti interamente online, con videoconferenze molto seguite. Ma appena superata l’emergenza si è tornati indietro, concedendo solo un 50% di lezioni online e pretendendo che le restanti ore si svolgessero in presenza. E dal momento che i corsi vengono organizzati quasi esclusivamente nelle grandi città, ciò significa obbligare gli agenti che vivono in aree periferiche ad ulteriori trasferte (come se non si muovessero già abbastanza), con costi di hotel, ristoranti, carburante.

“Una follia – assicura Ristè – soprattutto in una fase di difficoltà economiche. Va precisato che i nostri corsi possono essere seguiti online ma in contemporanea con la lezione in presenza. Sono corsi interattivi e chi li segue da casa o persino dall’auto è costantemente in contatto con i docenti. Non sono  scaricabili per essere, eventualmente, seguiti in altri orari senza nessun controllo”. Dunque si può solo sperare che anche la politica e la burocrazia si rendano conto che le nuove tecnologie possono essere utilizzate anche in modo utile.

Per gli agenti ma anche per i procacciatori. Una categoria senza alcun diritto e che chiede di essere regolarizzata. “Ci sono 60mila persone interessate a seguire i corsi – conclude Ristè – per ottenere l’abilitazione. E l’Usarci è pronta a fare la sua parte per favorire una formazione adeguata anche per loro”.

Fonte Electomagazine – Autore Enrico Toselli

Focus: garantire la zona di lavoro dell’agente è una questione di correttezza e buona fede

Esiste un contrappeso che deve governare e garantire il rapporto di equilibrio contrattuale tra l’agente e la preponente, quando quest’ultima decide di esercitare il diritto di modificare la zona assegnata all’agente; tale contrappeso è rappresentato dal rispetto del principio di correttezza e buona fede.

Lo ha affermato il Giudice del Lavoro del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in una recente decisione, emessa a favore delle ragioni di un agente commerciale che aveva subito, per ben tre volte nel corso di due anni, la unilaterale variazione della propria zona di lavoro da parte della preponente, sempre con motivazioni dettate da esigenze aziendali, strettamente dipendenti dalla ricerca di una migliore e più produttiva organizzazione dei propri interessi.

La decisione ci offre lo spunto per osservare che quando ci si trova di fronte agli interessi contrapposti dell’agente (a mantenere integra la propria zona di lavoro) e della preponente (a migliorare la propria organizzazione e produttività di impresa), si affronta inevitabilmente una questione delicata e di straordinaria attualità.

L’esigenza è quella di governare il sottile equilibrio tra il principio fondamentale dei contratti di diritto comune, secondo cui di norma non sono possibili modifiche se non con l’accordo di tutti i contraenti (pacta servanda sunt) e l’esigenza dell’impresa di garantirsi la migliore organizzazione, quando mutano le necessità e le condizioni di mercato (racchiusa nel diritto costituzionale alla libera impresa).

Tale equilibrio è bene interpretato dall’art. 2 degli accordi economici collettivi per gli agenti commerciali[1], che disciplina l’esercizio da parte della preponente del diritto potestativo a variare (anche unilateralmente e senza consenso) la zona di lavoro assegnata all’agente, purchè tale variazione sia sopportabile e poco incisiva, ovvero sia lieve.

Al di fuori del caso di lieve entità, la norma collettiva prevede una sorta di contrappeso, stabilendo che la modifica non possa essere eseguita se non con un congruo preavviso ed, in mancanza, con il riconoscimento di un’indennità sostitutiva di carattere economico, quale strumento di bilanciamento del diritto potestativo della preponente, secondo i criteri generali di correttezza e buona fede previsti dagli artt. 1175 e ss del codice civile.

In conclusione, il principio qui in commento, così come affermato dal Giudice,  vuole che, nel contratto di agenzia, l’attribuzione alla preponente del potere di modificare talune clausole e, in particolare quelle relative all’ambito territoriale e alla misura delle provvigioni, può essere giustificata dalla necessità di meglio adeguare il rapporto alle esigenze delle parti, così come si sono modificate durante il corso del tempo. Ma, affinché ciò non si traduca in un sostanziale aggiramento del patto tra le parti che il contratto rappresenta, è necessario che tale potere abbia dei limiti e, in ogni caso, che sia esercitato dal relativo titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede.

Egidio Paolucci

 

[1]Aec 20.3.2002, art. 2, co. 3 : Le variazioni di zona (territorio, clientela, prodotti) e della misura delle provvigioni, esclusi i casi di lieve entità (intendendosi per lieve entità le riduzioni, che incidano fino al cinque per cento del valore delle provvigioni di competenza dell’agente o rappresentante nell’anno civile precedente la variazione, ovvero nei dodici mesi antecedenti la variazione, qualora l’anno precedente non sia stato lavorato per intero), possono essere realizzate previa comunicazione scritta all’agente o al rappresentante da darsi almeno due mesi prima (ovvero quattro mesi prima per gli agenti e rappresentanti impegnati ad esercitare la propria attività esclusivamente per una sola ditta), salvo accordo scritto tra le parti per una diversa decorrenza.

Fonte Limatola Avvocati