Usarci, servono i “fiscobond” per superare il veto olandese

I Paesi Bassi (vietato definirli “Olanda”) respingono gli eurobond e la solidarietà europea. Sono gli stessi Paesi Bassi che hanno provocato una serie continua di guerre all’inizio dell’era moderna, prima che il loro sogno di espansione mondiale venisse stroncato dagli inglesi e che i francesi fermassero l’ampliamento continentale. 

Ma se gli olandesi (mica vorranno essere chiamati “bassini”?) fanno il lavoro sporco per Angela Merkel, nulla impedisce all’Italia di fare da sola sul fronte dei bond.

Antonello Marzolla, segretario generale Usarci (la maggior organizzazione degli agenti di commercio) propone il varo dei fiscobond.

In pratica lo Stato li emetterebbe e verrebbero sottoscritti dai contribuenti. Su base volontaria, sia chiaro. Con un premio per i sottoscrittori. In pratica si acquisterebbero bond per un valore 10 e l’investimento verrebbe scaricato dalle tasse, in 10 anni, ma per un valore 12. I contribuenti anticipano un pagamento e ottengono uno sconto complessivo del 20%. Così lo Stato ha liquidità immediata e, tecnicamente, senza far debito aggiuntivo.

L’ostacolo? La mancanza di creatività ai vertici del Paese, secondo Marzolla.

Molto più critico l’economista Michele Geraci, docente alla New York University di Shanghai ed alla Business School della Nottingham University.  In una intervista rilasciata al Nodo di Gordio, liquida così il ministro italiano che dovrebbe occuparsi di questi aspetti: “Gualtieri non ha un solidissimo background di economia…”.

E questo spiega anche la serie ininterrotta di errori commessi dal governo sotto l’aspetto economico, sino ad arrivare al “bazooka da 700 miliardi” che non è da 700 miliardi e non è neppure un bazooka. Assomiglia ad una flatulenza e prevede solo un ulteriore indebitamento delle imprese non per investire sul rilancio ma solo per pagare tasse e debiti pregressi.

D’altronde con le politiche salariali che hanno impoverito il Paese, aumentando la precarietà e distruggendo il mercato interno, diventa difficile programmare un rilancio economico in una fase in cui le esportazioni diventano più difficili. 

Per questo sarebbe servito un intervento comune europeo, per rafforzare il mercato continentale a vantaggio delle imprese che producono in Europa. 

Invece prevale la finanziarizzazione a scapito della manifattura.

Ma la crisi di Paesi come l’Italia, la Francia, la Spagna colpirà le industrie tedesche, non quelle inesistenti dei Paesi Bassi. All’Aia si accontentano di ospitare le sedi legali o fiscali di aziende in fuga dall’Italia. Loro fanno speculazione, non produzione. Semplici parassiti e, proprio per questo, il simbolo perfetto di un’Unione europea da ricostruire integralmente.

Fonte ElecToMag – Autore Augusto Grandi

Non si produce e non si vende 24mila agenti presi in mezzo

Intervista ad Antonello Marzolla, Segretario Nazionale di Usarci, sul quotidiano La Repubblica – Torino il 08/04/2020

“Non si produce e non si vende 24mila agenti presi in mezzo” di Massimiliano Sciullo

«Siamo collocati tra le aziende che producono e le realtà che vendono. In questo momento è tutto fermo». Incudine e martello: il Coronavirus ha tradotto la metafora in realtà. E a soffrirne le conseguenze è la categoria degli agenti di commercio, sorpresi anche loro dalla pandemia, ma con problematiche e necessità molto particolari. «Da un lato ci sono situazioni terribili con produzioni ridotte al minimo, dall’altra ci sono le realtà che hanno chiuso, non vendono e quindi non riforniscono il magazzino: la situazione è drammatica».

Parola del torinese Antonello Marzolla, con una lunga militanza all’intemo di Usarci Piemonte e oggi segretario nazionale dell’Unione sindacati agenti e rappresentanti di commercio.

Quali sono gli effetti dell’emergenza Coronavirus, sull’attività professionale deglia genti di commercio?

«La nostra Categoria è in grande difficoltà, i pagamenti vengono effettuati a trimestri solari e si può immaginare cosa succederà adesso, ma soprattutto a giugno, senza dimenticare che al 90% si tratta di ditte individuali e che non esistono ammortizzatori sociali specifici. Tra tutti i provvedimenti che sono stati messi in campo in questo momento, solo quello dei 600 euro è accessibile, ma è ampiamente insufficiente rispetto alle necessità di chi fa questo lavoro».

Quali sono i numeri della categoria?

«Per il Piemonte parliamo di circa 24mila agenti di commercio, mentre su scala nazionale siamo di fronte a una realtà che aveva già pagato un conto salatissimo alla crisi precedente: si era scesi da 340mila a 240mila operatori, la stessa tendenza che ha colpito Torino e la sua regione».

In quali settori operano gli agenti di commercio principalmente colpiti da questa situazione?

«Basta immaginare quei settori che al momento sono fermi: l’abbigliamento, ma anche il calzaturiero. E poi il turismo, i bar, la ristorazione, senza dimenticare le macchine utensili. Chi compra, in questo momento, macchine utensili? Per di più in un comparto come quello dell’automotive che già prima del Covid-19 era in frenata. Soltanto a Torino e provincia ci sono circa mille agenti che lavorano nel settore dell’auto ed è facilmente immaginabile la sofferenza, al momento».

Sull’altro piatto della bilancia, ci sono settori che invece danno buone performance?

 «Quelli legati all’attualità: la farmaceutica, oppure l’impiantistica ospedaliera, solo per citarne alcuni. Ma sono situazioni isolate: in generale, su scala locale e nazionale, i cali per l’80% della categoria spaziano dal 50-75% in maniera trasversale».

Alla luce dei provvedimenti già approvati, cosa vi aspettate dal Governo?

 «Al di là dei provvedimenti a pioggia approvati fino a qui, bisogna saper entrare all’intemo delle singole categorie, capendo e individuando esattamente cosa serve e in quali modalità. Noi, per esempio, abbiamo allestito un Osservatorio proprio per avere risultati e numeri puntuali per poter davvero fornire il quadro della situazione per la nostra professione».

E nel frattempo, cosa potete fare?

«Il grosso tormento che ci portiamo dentro in questo momento è legato al fatto di potere accedere alle risorse del nostro ente di previdenza, Enasarco. Ci sono dei parametri molto rigidi da rispettare e siamo sotto la giurisdizione di due ministeri, quello del Lavoro e quello del Tesoro. A loro chiediamo di poter fare in modo di sbloccare 150-200 milioni per dare qualche risposta almeno provvisoria alla categoria. Ma in questo momento ci rendiamo conto che l’unica che esce indenne dalla pandemia è la burocrazia italiana: basti pensare che ci viene chiesto di votare il rinnovo degli organi per il 17 aprile proprio mentre tutto è bloccato e i nostri associati si chiedono come trovare le risorse per andare a fare la spesa».

 

Fonte Repubblica – Ed. Torino – 8/4/2020 estratto da pag. 4 – Autore Massimiliano Sciullo

La reclusione ha favorito il commercio on line. Gli agenti devono pensarci ora

Primum vivere. Ed allora va bene anche l’elemosina elargita dal governo per tacitare gli agenti di commercio, costretti all’inattività da una gestione indecente dell’emergenza coronavirus. Con la prospettiva di prolungare le difficoltà di lavoro anche quando gli altri Paesi europei saranno tornati non alla normalità ma, almeno, alla convivenza con il rischio virus.

Però, nonostante il lìder minimo, ci sarà un futuro anche in Italia. E se il governo pensa di occuparsene solo tra qualche mese, quando sarà come al solito troppo tardi, gli agenti di commercio devono prepararsi per tempo. Prendendo in considerazione i cambiamenti imposti dagli arresti domiciliari. I reclusi innocenti hanno dovuto fare i conti con la tecnologia. Non solo i più giovani, i nativi digitali, ma anche i più anziani. Gli acquisti online non sono più un oggetto misterioso, non rappresentano più il quarto mistero di Fatima. Si può fare. 

E questo non determina solo problemi per i negozi, quando avranno il permesso imperiale per riaprire a targhe alterne, con distanze siderali tra cliente e venditore. Ovvio che il cliente non potrà provarsi un capo di abbigliamento per evitare l’arrivo dei droni e lo sbarco dei marines. Ma quale potrà essere il rapporto tra agente di commercio e negoziante? Un saluto romano dalla porta e poi il racconto a distanza, senza neppure sfiorare la merce? 

Se poi, com’è probabile, una consistente quota degli acquisti si trasferirà sull’online, quali saranno le provvigioni per gli agenti? Magari non ci si farà caso nei primi giorni di libertà, quando la voglia di uscire e di incontrare spingerà ad affollare il marciapiede davanti ai negozi, in code ordinate. Ma si farà in fretta a stufarsi di queste condizioni, utili solo a scoraggiare il commercio di prossimità a vantaggio delle multinazionali delle vendite online. 

La categoria degli agenti di commercio deve quindi ragionare ora, e molto rapidamente, sul proprio futuro.

Un futuro che – come sostiene Antonello Marzolla, segretario generale Usarci – è strettamente connesso con il futuro dell’Italia. Il disastro economico che stanno preparando i sedicenti esperti avrà conseguenze devastanti sugli agenti. E la crisi degli agenti aggraverà le difficoltà dell’economia italiana.

Fonte ElecToMag – Autore Enrico Toselli

Gli agenti di commercio dovranno spiegare come riaprire le imprese

E meno male che gli agenti di commercio avevano chiesto meno burocrazia per poter ripartire. In realtà l’avevano chiesto tutto gli italiani tranne i burocrati. E così sono arrivate le nuove autocertificazioni. Da compilare con estrema cura, soprattutto se si pretende di superare i sacri confini regionali

Se vivi a Voghera puoi andare a Desenzano, a 160 km di distanza, ma se devi lavorare a Pontecurone, a meno di 30 km, devi sperare che le forze dell’ordine che ti fermano non facciano problemi per l’autodichiarazione. Affidarsi all’arbitrio di chi controlla non è proprio il massimo, per chi deve lavorare. 

Però gli agenti di commercio avranno un compito nuovo da svolgere, se vorranno sopravvivere. Nuovo e sgradevole poiché saranno costretti a fornire consigli non richiesti ed ancor meno graditi. Li dovranno fornire alle mandanti, spiegando come fare per rimettere in moto un mercato drammaticamente fermo. 

In queste settimane, in questi mesi, è stato fatto poco o nulla per mantenere la finalizzazione della clientelaE quel poco è stato fatto male, malissimo. Perché nei primi giorni di emergenza la retorica strappalacrime poteva anche funzionare; dopo più di due mesi di arresti domiciliari la retorica suscita fastidio, ripulsa. Mentre in maggioranza si è scelto di non comunicare più niente, di risparmiare in una fase di difficoltà economica.

Ora, per provare a ripartire, servirà un rapporto più stretto, più immediato con la realtàServirà conoscerla, la realtà, perché ci si vive dentro, perché se ne fa parte. Non perché la si studia come se si fosse un entomologo. Gli agenti di commercio rappresentano questo contatto tra le imprese e la realtà. Hanno il polso della situazione, parlano con mogli e figli, con vicini di casa infuriati per la reclusione o spaventati per le timide aperture. Sanno quali sono le esigenze del mercato perché conoscono le persone che rappresentano questo mercato. 

E, dunque, devono avere il coraggio non solo di superare i controlli di una burocrazia ottusa, ma anche di spiegare come comunicare la ripresa. Rinviando le polemiche per il rinnovo dell’Enasarco e concentrandosi sulla promozione anche in mancanza di investimenti da parte delle aziende.

Fonte ElecToMag – Autore Enrico Toselli

Il terrore frena la ripresa e gli Agenti sono alle prese con il crollo dei consumi

Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica, a proposito della riapertura delle gabbie si è chiesto se la produzione troverà poi uno sbocco sui mercati internazionali.

Ovviamente ciascuno si preoccupa del proprio orticello, piccolo o grande che sia. Ma è comunque significativo, purtroppo, che Dal Poz non prenda neppure in considerazione il mercato interno. Quello che, invece, interessa gli agenti di commercio.

È l’Italia che deve ripartire – ribatte Antonello Marzolla, segretario generale USARCI – è l’Italia che deve superare il terrore di questi mesi per ritornare alla normalità. Perché il terrore non fa ripartire i consumi. Non basta riaprire fabbriche e negozi se, poi, gli italiani restano barricati in casa, sdraiati sul divano, a consumare solo le pantofole ed i pigiami.

Ed i tempi per ripartire diventano sempre più stretti. È comprensibile che Dal Poz abbia timori sui compratori internazionali, ma sono ancora maggiori le preoccupazioni di chi lavora con il mercato domestico. Il terrore sparso a piene mani dai media non aiuta a creare un clima favorevole agli acquisti che vadano al di là dello stretto indispensabile. Un’intera collezione di abbigliamento è andata persa, il turismo è stato messo in ginocchio, il mercato dell’auto è stato azzerato, i macchinari sono rimasti fermi ed i problemi di liquidità non favoriscono la sostituzione, gli investimenti sono stati rinviati a tempi migliori.

E, su tutto, aleggia la preoccupazione su come verranno ripagate le spese pubbliche per garantire un reddito a chi si è ritrovato senza lavoro. Senza dimenticare le elargizioni a chi non aveva mai lavorato, ai percettori cronici di redditi di cittadinanza e sussidi vari, persino a prostitute e trans. E poi le spese immense, e doverose, per l’emergenza sanitaria.

Il debito pubblico è schizzato a livelli impensabili e la paura di interventi del governo contro i risparmi privati frenerà ulteriormente i consumi. Non solo quelli voluttuari delle famiglie (ristoranti, vacanze, abbigliamento) ma anche gli acquisti delle imprese. Basti pensare agli arredi degli uffici.

Quante serrande abbassate si troveranno a rimirare gli agenti di commercio? Gli ottimisti sono convinti che proprio la necessità di far ripartire gli acquisti spingerà le aziende a puntare maggiormente sugli agenti, ma se il numero di aziende sopravvissute diminuirà, i problemi non tarderanno a manifestarsi.

Fonte ElecToMag – Autore Enrico Toselli

Negato il voto per le Regioni, obbligatorio il voto per ENASARCO

Negato il voto per le Regioni, obbligatorio il voto per ENASARCO. Lo Stato libero di Bananas

No, non ce la possono fare. I dittatorelli dello Stato Libero di Bananas continuano ad ignorare ciò che loro stessi decretano, non rispettando norme o semplice buonsenso. Cancellano le elezioni amministrative e regionali, ignorando le richieste delle Regioni, perché ce lo chiede il coronavirus.

Ma poi impongono agli agenti di commercio di votare per il rinnovo dei vertici di Enasarco, a partire dal 20 maggio.

Comprensibile il disprezzo dei dittatorelli nei confronti di ogni logica democratica che conduca al voto dopo una capillare campagna elettorale. Magari dopo confronti, approfondimenti. In fondo Enasarco si limita a gestire le pensioni di tutti gli agenti di commercio e deve garantirle a tutti gli agenti tutt’ora in attività. Gestisce un patrimonio di oltre 7 miliardi di euro; ma che saranno mai di fronte alla “grande potenza di fuoco” messa in campo dal governo e che, in realtà, non esiste perché si tratta solo di prestiti concessi dalle banche e che dovranno essere ripagati?

Ma gli oltre 300mila lavoratori che hanno diritto al voto non hanno diritto a votare informati, consapevoli, preparati. In questo momento devono pensare a sopravvivere, ma ai ministeriali con stipendio garantito non interessa. Le mandanti sono state chiuse sino a pochi giorni or sono, e altre lo sono ancora, ma ai dittatorelli non interessa neppure questo.

Il decreto dell’8 aprile 2020, n.23, articolo 33 comma 1, prevede che sino al termine dell’emergenza gli enti come Enasarco possano rinviare il voto con contestuale proroga degli amministratori. E l’emegenza scade, in Italia, il 31 luglio. Dunque la decisione dell’Enasarco di rinviare il voto era sacrosanta ma ai dittatorelli non è piaciuta. Bisogna anche capirli: tra i decreti del presidente del consiglio, le autocertificazioni, le liti con le Regioni, qualcuno poteva fare confusione.

FNAARC, USARCI, Uiltucs, Ugl Terziario, Fisascat e Filcams hanno condiviso la decisione del rinvio del voto. Dunque, anche sotto l’aspetto della rappresentatività della categoria, il governo avrebbe dovuto avere il buon gusto di prenderne atto. Ma quando si comincia a pensare di avere i pieni poteri, di governare in nome di Dio e fregandosene della volontà della Nazione, allora la base non conta più nulla, i lavoratori sono un fastidio e si procede per imposizioni e decreti. Appunto da perfetti dittatorelli dello Stato Libero di Bananas.

Fonte EletoMag – Autore Enrico Toselli

Bonus e alleanze di filiera, anticipo Firr. Le proposte degli Agenti

Lunedì, in teoria, riaprono i negozi di abbigliamento ma, nella migliore delle ipotesi, serviranno almeno 3 stagioni perché la situazione torni alla normalità per gli agenti di commercio che operano nel settore.

“Per questo – spiega Antonello Marzolla, segretario generale USARCI – pensiamo ad una serie di soluzioni che consentano di superare la fase di emergenza e preparino il rilancio”.

Una strategia opposta rispetto a quella di un governo che predilige gli interventi a pioggia e l’indebitamento che produrrà solo fallimenti.

Da dove ripartire, allora? Per quanto riguarda la fase di emergenza, Marzolla insiste sull’anticipo di una quota del Firr. Con modalità analoghe a quelle dei dipendenti, tenendo conto che Enasarco deve rispettare parametri che garantiscano comunque il pagamento delle pensioni attuali e future. Il problema, però, è che su questo fronte ci si scontra con l’immancabile No di Confindustria. Da sempre contraria ad ogni iniziativa a favore degli agenti, dimenticando che il 70% del Pil è intermediato proprio dagli agenti di commercio e che non ci sarà nessuna ripresa senza il coinvolgimento della categoria.

E poi, per legge, serve il via libera dei ministeri del Lavoro e dell’Economia. Altro esempio di disattenzione. “Da tre anni – ricorda Marzolla – abbiamo presentato un progetto per la riforma della previdenza di Enasarco. Da tre anni non è arrivata alcuna risposta dai ministeri coinvolti”.

In attesa che un ministro si commuova anche per la sorte degli agenti di commercio, la categoria deve dunque procedere per proprio conto. E dall’USARCI parte la proposta di un accordo di filiera, ad iniziare proprio dal settore dell’abbigliamento. “Negozianti ed industriali devono capire che gli interessi sono i medesimi e che se il settore non riparte, ci rimettono tutti. Chiudono tutti”. Per questo si potrebbe ipotizzare un bonus da 500 euro destinato alle famiglie per l’acquisto di abbigliamento. Ci sono bonus per l’edilizia, per il turismo, per le biciclette. Perché non ci possono essere per l’abbigliamento?

Se i negozi non vendono, gli ordini non ripartono. E se non ripartono, si ferma anche la produzione. Gli arresti domiciliari hanno impedito gli acquisti nei negozi. È saltata un’intera stagione. Gli ordini sono stati disdettati, tutto si è fermato. Un bonus permetterebbe di guardare con minor pessimismo alle prossime stagioni, nonostante sia già iniziata una nuova fase di terrorismo psicologico in previsione dell’autunno.

Dunque occorre che l’intera filiera faccia sistema, collabori. Mettendo fine a comportamenti indecenti come quelli delle mandanti che non solo non pagano le provvigioni dovute, ma si rifiutano persino di consegnare gli estratti conto delle provvigioni per evitare di ritrovarsi con decreti ingiuntivi.

Fonte ElecToMag – Autore Enrico Toselli

Radio Mercurio, la radio degli Agenti

Esordirà domani 22 maggio RADIO MERCURIO, la radio degli agenti di commercio. 

Tutte le news dal mondo della vendita e informazioni utili per gli Agenti di commercio. Con Giulia e Jacopo approfondiremo il mondo poco conosciuto degli Agenti di commercio, intermediari del 70% del Pil italiano. Numeri, curiosità ma soprattutto attualità e tante informazioni.

Intervistiamo ospiti e parliamo direttamente con chi lavora tutti i giorni sul campo a fianco dei lavoratori autonomi.

Tutti i lunedì, mercoledì e venerdì alle 17:00 su ElectoRadio, in diretta FM canale 87.82

Nella prima puntata, domani 22 maggio 2020, si tratterà dei dati raccolti in questi ultimo mese dall’Oservatorio degli Agenti. A spaventare è il palese calo a picco delle provvigioni che restituisce una istantanea sull’andamento generale dell’economia italiana. Gli agenti di commercio sono l’anello di congiunzione tra le aziende produttrici e il mondo del commercio, e il calo del loro fatturato si riflette direttamente sull’economia reale del paese.

Peggioramento delle condizioni economiche a 12 mesi. Gli Agenti vedono nero

E non va molto meglio anche per le proiezioni sui 12 mesi, con meno del 7% degli agenti che ritiene di ottenere un miglioramento.

Sono alcune delle indicazioni emerse da un sondaggio condotto tra oltre 6mila agenti da USARCI, UGL, Fisascat CISL.

Il quadro che emerge è drammatico, ma in fondo era ampiamente prevedibile

Reso comunque meno pesante dalle risposte di chi opera nei pochi settori che non sono stati colpiti (o lo sono stati in misura marginale) dai provvedimenti legati al virus. È da sottolineare che quasi un quinto delle risposte proviene da agenti che operano nel settore alimentare, penalizzato per quanto riguarda l’Horeca, ma non per l’attività dei negozi. 

Tra le indicazioni più significative figurano quelle relative al drastico calo del fatturato nel primo trimestre di quest’anno. Se nel 2019 oltre il 30% degli intervistati dichiarava un fatturato trimestrale tra i 15 ed i 30mila euro, quest’anno più del 45% degli agenti si colloca nella fascia tra zero e 4.500 euro. Senza dimenticare che l’inizio dell’anno non ha risentito del virus.

Ovviamente più del 90% degli agenti ha perso contratti in questa fase di arresti domiciliari. Oltre il 17% ha perso tutti i contratti, quasi il 19% ha perso sino al 95% e il 24% sino al 75%. 

Però, al di là delle minacce di nuove chiusure, e al di là di troppi casi di paura provocata dal terrorismo istituzionale, è evidente che sia indispensabile ripartire per evitare la completa rovina dell’economia italiana ed il dilagare della povertà nel Paese. Perché spingere milioni di persone al di sotto della soglia di povertà, e saccheggiare il risparmio del ceto medio con una patrimoniale come richiesto da Oscar Farinetti, significherebbe provocare un crollo dei consumi e la creazione di una spirale perversa da cui sarebbe difficile uscire.

Fonte ElecToMag – Enrico Toselli

Lo smartworking cambia i negozi. Più agenti di commercio in periferia

Lo smartworking potrebbe cambiare radicalmente il commercio al dettaglio e, di conseguenza, anche il lavoro degli agenti di commercio che operano in questi ambiti. Il terrore manifestato da qualche rappresentante dei negozianti, evidentemente legato a chi opera nelle aree centrali delle città, è la dimostrazione più evidente del cambiamento in corso.

Nei grandi agglomerati urbani la tendenza è stata quella di concentrare gli uffici, pubblici e privati, nelle aree centrali. E raramente gli uffici dispongono di una mensa interna. Di conseguenza la pausa pranzo era l’occasione per frequentare bar, trattorie e ristoranti del centro. Ma la collocazione degli uffici offre anche la possibilità di fare shopping nei negozi della zona al termine dell’orario di lavoro. Questo ha comportato, tra l’altro, un folle aumento degli affitti dei negozi nelle aree centrali. Oltre alla chiusura di numerosi punti vendita nelle zone semicentrali o periferiche.

Aver portato il lavoro a casa sta rivoluzionando tutto. La pausa pranzo si fa a casa e gli acquisti si fanno nei quartieri di residenza. Cambiano i consumi, cambia il modo di farli. Si rivalutano i negozi di vicinato, raggiungibili in pochi minuti di cammino. Ma anche le botteghe meno centrali dovranno migliorare l’offerta, rendendola non simile ma meno differente rispetto ai negozi del centro che avevano una clientela composta anche da chi in centro non viveva. Il capo di abbigliamento firmato lo si cercherà vicino a casa, senza perdere troppo tempo per raggiungere il centro città. Se non si avrà voglia di cucinare si cercherà un locale con una proposta gastronomica accattivante. 

Per gli agenti di commercio si tratta di affrontare una nuova sfida, più complicata perché con minori certezze anche se con buone opportunità. I km da percorrere aumenteranno. Anche la fatica per convincere al cambiamento chi, al cambiamento, non aveva proprio pensato.

Fonte ElecToMag – Autore Enrico Toselli