In questo momento storico gli agenti si trovano nella situazione di dover spesso gestire il proprio rapporto di agenzia nei casi di crisi economica delle società preponenti, normalmente nel silenzio degli organi amministrativi che nulla o poco lasciare trapelare circa le sorti della società, creando dei momenti di stasi del rapporto di collaborazione che possono durare anche diversi mesi, durante i quali l’agente non sa se considerarsi ancora vincolato alla propria preponente o libero di cercare nuovi incarichi. La legge fallimentare non prevede per l’agenzia l’applicazione di norme speciali, conseguentemente trovano applicazione le norme generali previste per la generalità dei “rapporti pendenti”. In caso di fallimento della società preponente trova applicazione la norma di cui all’art. 72 Legge Fallimentare secondo la quale l’esecuzione del rapporto di agenzia “rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi ovvero di sciogliersi dal medesimo “. Una volta intervenuto il fallimento la scelta se proseguire o meno il rapporto di agenzia spetta al curatore fallimentare, pur in presenza, come spesso accade, dell’inadempimento della società preponente (poi fallita) che non adempie, a volte già da diversi mesi, alle proprie obbligazioni (per es. non consegna il campionario, non paga le provvigioni, non consegna i prodotti, ecc.). In caso di cessazione del rapporto con tali modalità, non potendo equiparare la decisione del curatore di sciogliersi dal contratto (considerata l’impossibilità oggettiva a proseguire l’attività di impresa) ad un recesso volontario della preponente, allo stato la dottrina prevalente ritiene che all’agente non spetti la indennità sostitutiva del mancato preavviso e nemmeno l’indennità suppletiva di clientela; vi è invece una apertura circa il diritto alla liquidazione dell’indennità ex art. 1751 cc con tutta la difficoltà di raggiungere la permanenza in capo alla preponente dei vantaggi derivanti dall’incremento di clientela e di fatturato (possibile, per esempio, nei casi di esercizio provvisorio dell’impresa oppure cessione di un marchio forte e del relativo avviamento) . Anche dopo la riforma, la legge fallimentare nulla dispone in merito agli effetti del concordato preventivo sui “rapporti sufficienti per il preventivo” e quindi nel caso concreto sui rapporti di agenzia. In mancanza di norme al riguardo la dottrina si è orientata nel ritenere che durante la procedura concorsuale i contratti non cessino, salvo che la risoluzione del contratto sia già prevista nel piano predisposto dal preponente. Da quanto sopra risulta di importanza significativa che l’agente ponga in essere tempestivamente il recesso (prima della dichiarazione di fallimento o di ammissione al concordato preventivo), allorquando sia in presenza di inadempimenti della preponente da ritenersi “gravi” cioè di notevole entità e tali da far venire meno il rapporto fiduciario. |