“Post hoc non propter hoc”. “Il lavoro è una cosa, l’amicizia un’altra cosa”. “Un avvocato difende i clienti, a prescindere dai rapporti personali”. Si potrebbe proseguire a lungo con giustificazioni, mani avanti, precisazioni. Tutto vero, tutto giusto. Le coincidenze restano coincidenze e si trasformano in prove solo nei romanzi di Agatha Christie. 

Dunque è solo una coincidenza che le liste sconfitte alle elezioni per il rinnovo dei vertici di Enasarco si siano rivolte allo studio dell’avvocato Alpa per cercare di ribaltare il giudizio della commissione elettorale. D’altronde se uno è un principe del foro, è inevitabile che sia scelto da chi si trova in difficoltà. 

Perché Alpa è indubbiamente un grande avvocato. E dunque era normale che, nel 2002, fosse chiamato a far parte della commissione per un concorso all’università Vanvitelli di Caserta. Concorso vinto, sicuramente con pieno merito, da tal Giuseppe Conte, non ancora autoproclamato “avvocato del popolo italiano”. E non c’è nulla di male se i due, qualche anno più tardi, hanno collaborato professionalmente. Sono colleghi, dunque è perfettamente normale.

D’altronde i dubbi non riguardano l’ottimo Alpa, ma i politici ed i loro rapporti con Enasarco. Perché sono stati i ministri del governo Conte bis ad impedire, ad esempio, che l’ente previdenziale anticipasse agli agenti di commercio parte del Firr per affrontare la crisi provocata dalla gestione dell’emergenza Covid. E le vicende relative agli investimenti di Enasarco in passato hanno evidenziato non solo imbarazzanti rapporti con il Vaticano, ma anche con la politica romana dall’altro lato del Tevere. 

Intrecci, incontri, interessi. Un sistema di potere che non ha alcuna voglia di essere scalzato. Che non vuole rinunciare ad un patrimonio che sfiora gli 8 miliardi di euro. Dunque la battaglia, persa nelle urne, deve spostarsi sul piano giudiziario. Gli agenti di commercio, in questa operazione, sono una variabile trascurabile.

Fonte Electomagazine – Enrico Toselli